È questione di ore, il 2022 sta per volgere al termine e non esiste momento migliore della fine di un anno per arrotolare pubblicamente idee, spunti e riflessioni in una gustosa piada digitale.

Ipertesto biodegradabile§

Quest'anno la mia presenza sul web è abbastanza cambiata: non si è verificata un'inversione di rotta, al contrario, direi che è stato più un consolidarsi di vecchie tendenze. Sicuramente i miei post si sono fatti più sporadici, più fugaci, e questo ha anche avuto a che fare col ridursi del tempo e delle energie disponibili, ma per lo più le ragioni sono di carattere infrastrutturale: è sempre più difficile capire dove scrivere. Sono passati cinque anni da quando ho cominciato a pubblicare le mie divagazioni sul blog e sui canali social relativi: da allora il terreno ci è cambiato sotto i piedi più e più volte. L'analisi di queste trasformazioni richiederebbe la stesura di saggi dedicati, ma prescindendo dalle cause possiamo senz'altro affermare che il testo in rete ha cessato d'essere il medium privilegiato, per lo meno per l'utente finale. Sarebbe stupido ignorare le quantità enormi di scritti prodotti e postati ogni giorno, ma senz'altro il cosiddetto grande pubblico sta mutando da anni il proprio modo di vivere la rete, procedendo spedito in una direzione multimediale. Non voglio essere frainteso: il testo continua ad essere onnipervasivo, ma per essere letto è costretto a farsi strada clandestinamente, rimbalzato com'è tra una piattaforma e l'altra, privo di integrità, non come una serie di aforismi ma più come un ipertesto biodegradabile, che sempre meno si presta ad una fruizione continua ed anche ad una gerarchizzazione e archiviazione coerente (qui qualche data scientist parlerebbe di dati non strutturati).

Content§

A questo bisogna aggiungere che la nostra attenzione è oggi contesa da orde di contenuti, "Il Content", un iperblob di produzioni creative che emerge da ogni parte, come il miasma di un'apocalisse zombie. Il Content, con la maiuscola, è un prodotto da vendere ad una clientela, un cavallo di troia per autopromuoversi, un mezzo per consentire alla piattaforma di turno di monetizzare sul surplus comportamentale dell'utente. A volte il "content" è anche ben fatto e confezionato, ma nel momento in cui ogni cosa diventa indifferentemente "content", la presenza online si trasforma in una competizione permanente in un'arena dalle regole sempre più oscure e indecifrabili. In questo contesto, il testo compete con media decisamente più capaci di attivare le giuste vie dopaminergiche e quindi più appetibili per le piattaforme che scelgono di promuoverli: non si spiegherebbe altrimenti, ad esempio, il titanico sforzo di trasformare Instagram in una variante statunitense di TikTok.

Pseudonimato§

Ogni tanto capita che qualcuno mi chieda come mai io abbia cominciato a scrivere sotto pseudonimo: cosa avevo da guadagnarci, d'altronde? Assolutamente nulla, appunto; inizialmente si trattava di un gioco e nulla più. Il gioco presto si rivelò ai miei occhi come una cosa seria, perché effettivamente trasformava la maniera in cui interagivo con gli altri, eliminava l'ipotesi che alla base potesse esserci uno scopo autopromozionale, ma aumentava anche il sospetto nei miei confronti, sospetto che andava dissipato con la qualità delle parole scelte e null'altro. Gli utenti che occasionalmente interagivano ai confini dei post mi parevano meno propensi a parlare del sottoscritto e generalmente più intenti a discutere degli argomenti. Certo, non sono che osservazioni aneddotiche, e sicuramente il pubblico di riferimento faceva la differenza, visto che il più delle volte si parlava di chimica. Ciò nonostante, rimane il fatto che lo pseudonimato oggi somigli più al retaggio di una vecchia era, su Internet, un periodo che (al contrario del presente) non poteva fare altro che essere testuale; quindi più facilmente indicizzabile, archiviabile, consultabile, anche a distanza di anni. E le reliquie sono spesso capaci di rievocare il passato attraverso il proprio portato simbolico. M'ero messo in testa di dimostrare che si poteva ancora costruire legami in rete attorno al contenuto testuale, il tutto nonostante la cosiddetta "morte del blog", e nonostante la convergenza del pubblico su poche piattaforme centralizzate che remavano contro; oggi sento di poter dichiarare il successo, ma anche la fine, di quel piccolo progetto digitale.

Scialuppe§

Ancora oggi, molti dei legami virtuali coltivati intorno alle pagine Facebook come Ossidare gruppi sulfidrilici per avere ponti sotto cui dormire, proseguono in forma di conversazioni private su quella che ho sempre ritenuto una scialuppa di salvataggio: Telegram. O, anche, nel gruppo. Alcuni amici hanno sentito nel tempo di volermi aiutare a sostenere le spese del sito o di offrirmi qualche birra e parole di incoraggiamento: a tutti loro, in maniera particolare, vanno i miei ringraziamenti. Ma Telegram rimane una scialuppa, non una nave: è difficile raggiungere ed imbarcare persone nuove da uno spazio così chiuso su se stesso, e le piattaforme che prima hanno consentito la crescita della community oggi sono del tutto disfunzionali: ci torno dal browser per postare qualche link ogni tanto, ma sono quasi un utente fantasma. Ecco perché penso al 2022 come all'anno in cui si sono conclusi gli esperimenti di ieri e si sono aperte le porte per quelli futuri. E non mi riferisco a vaghi futuri di speranza, ma a precisi modi di flettere la rete in favore di chi la vive.

IndieWeb§

Come ogni infrastruttura costruita, modificata e vissuta dagli umani, anche la rete può essere piegata in più direzioni che non hanno assolutamente nulla di inevitabile, ma anzi sono il frutto di decisioni figlie di interessi economici, ideologici, politici, sebbene non sempre siano ben calibrate o effettuate in piena coscienza. In accordo con i sostenitori dell'IndieWeb, anche io penso che i "contenuti" debbano essere sotto il controllo di chi li crea; ciò non vuol dire regredire ad una precedente concezione di Internet, anche perché sarebbe del tutto inverosimile. Al contrario, vuol dire costruire una sintesi tra quanto di buono era stato pensato dai pionieri e quanto di buono può essere realizzato con gli strumenti a disposizione oggi e nel futuro. Anziché centralizzare la produzione e la fruizione dei contenuti, è possibile duplicarli e distribuirli flessibilmente, al fine di irrobustire il marcescente ipertesto che prima citavo e che ci si sta ormai sbriciolando sotto i piedi.

Tanta della conoscenza prodotta su Discord, per esempio, è appositamente sommersa dalla piattaforma perché risulta più proficuo indurre gli utenti a riscrivere le stesse cose più e più volte, al fine di massimizzare la permanenza sulle chat, in una sorta di distopia culturale psuedokeynesiana che giova solo ai pubblicitari. Sempre più programmatori, artisti e scrittori oggi si interrogano su come superare queste problematiche e spesso la risposta è che abbiamo bisogno di nuovi protocolli, di nuove idee e, soprattutto, di una rinnovata consapevolezza tra gli utenti. Certo fa sperare, ad esempio, il recente travaso di utenti da Twitter su Mastodon, ma non bisogna illudersi che il protocollo da solo sia efficace a superare le istanze strutturali che hanno portato ai problemi precedenti. Si compierebbe un errore simile a quello di chi si è fatto ingannare dal sogno libertario degli smart contract e di certe criptovalute. Va tenuto a mente che ogni miglioramento passa contemporaneamente attraverso la tecnologia e la cultura di chi quella tecnologia la impiega: non esistono scorciatoie né un codice magico pronto a salvarci da noi stessi.

Progetti§

Quest'anno, come dicevo in principio, la mia presenza online è cambiata, ma non si è sfilacciata. Ci sono tanti progetti a cui sono felice di aver lavorato. Ve li presento:

  • Proprio al fine di decentralizzare la distribuzione dei contenuti, infatti, questo è stato l'anno in cui ho dato inizio all'Ossidante Missiva Disolfurea, una newsletter sulla chimica e dintorni che ha ricevuto in poco tempo più lettori ed apprezzamenti di quanto immaginassi. Ho dovuto mettere in pausa i numeri perché la programmazione era del tutto incompatibile con la mia serenità, ma non me ne sono dimenticato. Anzi, questo stesso post sarà inviato come extra di fine anno a tutti gli iscritti. Grazie a tutti.
  • Nei mesi precedenti sono orgogliosamente entrato a far parte della comunità di traduttori della Electronic Frontier Foundation ("The leading nonprofit defending digital privacy, free speech, and innovation"). Se non la conoscete, date un'occhiata.
  • Ho cominciato a postare i miei render di molecole e proteine su Unsplash. Prima li generavo principalmente per decorare i post sul blog; non pensavo potessero avere altri impieghi, ma ho pensato di metterli a disposizione con una licenza aperta e sono rimasto decisamente sorpreso quando ne ho visti alcuni superare le decine di migliaia di visualizzazioni.
  • Nel tentativo di restituire alla comunità open source qualcosa di quel che negli anni mi ha dato, ma anche semplicemente per migliorare come sviluppatore, da tempo pubblico il mio codice e cerco di presentarlo sul blog o nelle comunità di riferimento. Per esempio, di recente ho lavorato alla mia configurazione per Qutebrowser, ma anche ad un userscript chiamato SwapForQute ed un tema (City Lights), sempre per lo stesso browser (ne ho parlato anche sul blog).
  • Un altro piccolo progetto che conto di espandere l'anno prossimo è tochemfig, una libreria lisp per consentire e semplificare la manipolazione di strutture molecolari LaTeX all'interno di Emacs.
  • Sul versante Web, invece, ho curato un paio di temi per Zola (il generatore di siti statici che uso al momento): Zhuia è un tema che riprende il design del mio vecchio blog. Zplit è un semplice tema single-page per vetrine personali.
  • Visto che scrivo su Emacs, ho anche cercato di facilitare la scrittura di articoli su Zola via org-mode (ox-zola); sto sfruttando proprio questa libreria per pubblicare queste righe. A proposito di Emacs, quest'estate mi sono occupato di curare la versione italiana della mia literate configuration (sto lavorando alla versione inglese).

Conclusione§

Ho cercato di limitare questo post alla vita online, ma nel 2022 c'è stato molto altro. Non mi soffermerò sui momenti difficili, né sui tanti nuovi incontri che hanno arricchito le mie giornate: è un post di fine anno, non un'autobiografia! Certo, posso dare a questo finale un tocco alleniano, in stile Manhattan; pure io, infatti, non posso che citare il cinema svedese. Ho visto il mio primo film di Bergman, quest'anno, e tutt'ora mi chiedo come mai io abbia aspettato così tanto. A tutt'altro periodo mi fa pensare la filmografia di Wong Kar-wai e la sua Hong Kong, così come associo Parasite al giorno del mio compleanno, data in cui con alcuni cari amici abbiamo improvvisato un cineforum perché lo recuperassi. Tra le letture: The Dawn of Everything di Graeber e Wengrow, L'assurda evidenza, di Francesco d'Isa, Scrittura non creativa di Goldsmith, Xenofemminismo di Hester, The Democracy of Objects di Levi Bryant. Sto dimenticando tantissime cose, lo so, ma se continuassi a scrivere dubito che farei in tempo per la mezzanotte.

Auguri di buon anno! Ci rileggiamo nel 2023,

Giovanni Crisalfi (aka Zwitt)