La scrittura è un'arte strana che può essere impiegata nei modi più svariati: assai probabilmente concepita per aiutare antichi burocrati nel gestire la contabilità di grossi villaggi, ha poi seguito il cammino di ogni tecnologia rivoluzionaria: è stata osteggiata, amata e si è persino evoluta insieme a noi, rendendoci animali più strani di quanto non fossimo già.

Può forse sembrare curioso immaginare qualcuno battere sulla tastiera mentre si interroga sulla portata rivoluzionaria della scrittura quasi come non fosse una cosa assodata: già forse ingenera un simile straniamento il discorso sulla portata storica dei caratteri a stampa, quindi figuriamoci proprio mettere in discussione la scrittura. Eppure ci fu un tempo in cui illustri pensatori si battevano per osteggiarne l'avanzata: avevano torto? Non ne sono così certo, e l'ovvia conseguenza delle loro posizioni vuole che la maggior parte dei loro argomenti non sia giunta a noi, ma non c'è dubbio che la nostra cultura sia così influenzata dai demoni liberati dall'apertura di questo vaso di pandora che non è praticamente più possibile immaginare un mondo che non ne sia infestato. Anzi, lasciamo pure da parte il mondo intero per un istante: non mi sarebbe neanche possibile immaginare me stesso senza questa stampella mnemonica nonché mezzo di esplorazione del pensiero e di comunicazione.

Nei secoli le persone hanno scritto libri, diari, manuali, saggi, epitaffi, satire, poemi e cronache: da qualche tempo scrivono anche blog. Perché lo fanno e perché mai dovrei voler far parte di queste strane creature? Qualcuno che mi conoscesse da un po' potrebbe pensare che mi va di divulgare o sensibilizzare un pubblico su temi scientifici, ma sarebbe un'affermazione piuttosto distante dalla realtà: voglio tutt'al più informare, quando penso di aver studiato abbastanza una questione da poterne sviscerare delle parti. Ma la verità è, soprattutto, che un fantasma di quei tempi antichi me lo porto dentro e non faccio che rispondere al bisogno di scrivere che scaturisce da questa convivenza. Giovenale così esprimeva il proprio senso dell'urgenza:

Difficile est saturam non scribere

Il difficile, semmai, non era scrivere ma trattenersi dal farlo. E se c'è oggi un modo per raggiungere le piazze virtuali per via scritta e rivolgersi ai lettori in maniera relativamente affine a quella delle declamationes satiriche di duemila anni fa credo che sia il blog, nonostante sia stato già dichiarato morto più e più volte.

Spiegano infatti con grafici convincenti ed analisi di mercato d'ogni sorta che la soglia dell'attenzione collettiva si è drasticamente ridotta e con essa anche la capacità o il mero desiderio di sopravvivere ad un muro di testo. Ci sono ragioni storiche e precise per cui la maggior parte delle persone predilige i contenuti audiovisivi, quindi perché insistere con un medium che appare ormai vetusto come il blog? Mi tornano in mente questi versi del Maestro:

E quindi tiro avanti e non mi svesto
Dei panni che sono solito portare
Ho tante cose ancora da raccontare
A chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto

Lungi da me sminuire la bellezza e la potenza espressiva di altri mezzi che anzi potrebbero conquistarmi da un giorno all'altro, ma allo stato delle cose è semplicemente perché mi va di scrivere.

Voler scrivere va bene, ma perché non altro? Perché non un diario, una raccolta di racconti, di aforismi, di filastrocche? Non certo perché credo siano qualitativamente inferiori, al contrario, ma sarebbe certamente assai diverso. Penso che il principale motivo di questa diversità, dal punto di vista di chi scrive, si possa illustrare prendendo a prestito dalla semiotica il concetto di lettore implicito: nello scrivere abbiamo sempre dinnanzi agli occhi un lettore a cui rivolgiamo le nostre parole. Non c'è cosa più difficile di mettere a fuoco quest'entità astratta e di tracciare una linea netta che ne determini i confini: il lettore implicito è come un mostro di Frankenstein costituito da pezzi di corpi virtuali di miriadi di persone che vengono assemblati in maniere differenti a seconda del genere di scritto che ci apprestiamo a mettere giù come in una serie infinita di permutazioni degli stessi elementi). E, come il mostro del romanzo, è una creatura temuta non per la bruttezza, ma al contrario per la sua bellezza e diversità: non gli scriveremmo nemmeno se lo pensassimo già come noi, ma proprio perché lo immaginiamo distante siamo consapevoli del fatto che potrebbe male interpretare o persino non apprezzare quel che abbiamo da dirgli. E poiché ogni genere di scritto porta con sé un mostro diversamente assemblato, c'è da chiedersi quale sia il quello a cui preferiamo raccontare un punto di vista sulle evoluzioni di questo travolgente periodo storico.

Scrivendo online il lettore implicito evolve molto più in fretta perché la distanza che intercorre tra chi scrive ed il lettore reale si riduce drasticamente. Non solo il lettore implicito trova con relativa facilità delle emanazioni fisiche di se stesso al di là dello schermo, ma assume anche pian piano l'immagine composita che gli utenti restituiscono rispondendo ai post anche con brevi messaggi o critiche o persino con sorprendenti dimostrazioni di supporto ed affetto.

Potrei quindi concludere dicendo che il blog mi offre un lettore implicito che antepongo ad altri, un mostro assemblato nella maniera che preferisco, fosse per riverberi nostalgici o comodità o altre ragioni insondabili. Qualche anno fa vi avevo avvertiti: l'idea era quella di scrivere come fossimo stati al pub e come se foste stati voi ad offrire: vi ringrazio, è sempre un piacere.