Arte: una cosa umana.
Letteratura: arte di carta e inchiostro.
Fantasy: un genere della letteratura fantastica.
Harry Potter: un'opera fantasy profondamente razzista.

No, ecco, non proprio la definizione più comune di Harry Potter e certamente non la definizione che darebbe la scrittrice inglese. Matteo Lupetti, invece, in questo long-form molto ben scritto, sembra essere abbastanza convinto che il Manifesto della Razza non stoni poi molto accanto ad un volume di JK Rowling.

Non c'è niente di meglio che leggere un'opera per conoscerne l'autore e quindi questo articolo non poteva che catturare l'attenzione, in un momento in cui la cara vecchia Joanne non fa che mitragliare tweet transfobici.

A fronte di una tesi fondamentale azzeccatissima che secondo me centra il bersaglio nel tentativo di descrivere la visione che la Rowling ha del proprio mondo fantastico (e quasi certamente del mondo in cui si muove ogni giorno), devo dire che una buona parte delle argomentazioni pare un po' tirata per le orecchie e quindi poco convincente. Lascio a voi il dibattito su quali siano secondo voi, ma commento almeno una questione che mi sembra d'obbligo.

Bisognerebbe, prima di riflettere sull'opera e la sua autrice, tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è principalmente figlio della di lei penna e ciò che è stato per lo più ereditato dal genere fantasy, che di per sé parte da un'ottica a suo modo conservatrice. Se nel nostro mondo, infatti, parliamo di razze perché esiste il razzismo (ossia perché per ragioni storiche determinati elementi somatici sono stati associati al carattere umano di interi gruppi etnici), nel fantasy parliamo di razze perché esse esistono biologicamente e sono inscritte nel genoma delle creature immaginarie. Il razzismo, perciò, nel fantasy si presenta come naturale conseguenza dell'esistenza delle razze1.
Spesso, le caratteristiche delle altre razze vengono presentate con un certo grado di aliena ripugnanza, ma non è detto che questo sia perché alla base vi è un disprezzo dell'autrice nei confronti dell'alterità in genere, anzi è più facile ricondurre questa descrizione al punto di vista dei personaggi protagonisti, che il più delle volte nei fantasy sono umani. Questa a me appare più come una neutra caratteristica del genere che un problema della scrittrice. Inoltre, la presenza di razze biologiche ben distinte per esseri senzienti non determina automaticamente che l'opera debba risolversi in un manifesto conservatore, anzi la prospettiva può essere rovesciata e questa condizione biologica di fantasia può essere sfruttata per ridimensionare il peso della specie umana e per emancipare le altre razze, dando ad ognuna di queste una dimensione propria. Probabilmente la Rowling non è esattamente una campionessa di questo sport, però starei attento ad attribuirle certe accuse solo su queste basi.

L'importanza del lignaggio§

Ben più difficile è, invece, affermare che Harry Potter non sia un'opera in cui il lignaggio è al centro d'ogni evento degno di importanza, caratterizzato da un'estetica quasi esclusivamente europea o, meglio ancora, britannica e che presenta come ideale una società liberale e borghese, spietatamente meritocratica, nella quale le élite governano senza ostacoli attraverso l'enorme potere oculatamente accumulato e mantenuto. Queste élite, cioè i genitori di Harry, Piton, Silente e tutta Hogwarts, si nascondono dietro un dito di filantropia e lasciano che le masse vivano nell'ombra, senza che possano neanche sperare di accedere agli enormi vantaggi che un impiego più democratico della magia potrebbe portare alle masse; con una mobilità sociale pressoché azzerata, babbani e maghi coesistono in uno stato di totale preservazione dello status quo in cui è impossibile il miglioramento delle condizioni deplorevoli in cui vive la comunità dei babbani e va anche peggio per la prole di specie meno fortunate come quella degli elfi, addirittura ridotti a schiavitù. Il tutto condito con la paternalistica presunzione di chi ritiene di dovere essere ringraziato, in quanto eroe fra pochi altri per il fatto di proteggere il mondo dalle ombre dei mangiamorte (i nazifascisti) che prosperano proprio a causa delle diseguaglianze sociali appena descritte.

Se tutto questo fosse offerto in modo trasparente al lettore come parte delle logiche interne al mondo dei maghi potrebbe anche trattarsi di un lavoro encomiabile, ma Harry Potter fa invece ben altro effetto perché l'impegno dell'autrice è principalmente rivolto ad un'ipocrita ostentazione antirazzista e progressista ed il testo sembra essere stato partorito a seguito di di una censura che ricalca quella che il Tasso deve avere operato sulla Gerusalemme Liberata, ma in chiave liberal anziché cattolica e controriformista.

1

bisognerebbe inserire qui un excursus sulla correttezza dell'uso del termine "razza" in luogo di "specie" o "sottospecie", ma per brevità partiamo dal presupposto che il lettore afferri il concetto.