Il processo Haber-Bosch ha rappresentato senz'altro una delle più grandi rivoluzioni tecniche del Novecento: si tratta di un metodo chimico volto a fissare l'azoto atmosferico in ammoniaca e, scritta così, potrebbe sembrare che si tratti dell'ennesima tecnica utile a qualche micro-fetta di processo produttivo in una specifica nicchia industriale: niente di più sbagliato.

La fissazione dell'azoto, oltre ad essere tecnicamente complessa per ragioni che vedremo a breve, ha avuto ripercussioni enormi in almeno due settori: quello militare e quello agricolo. L'impiego militare non sorprende: i decenni subito successivi al 1910 non sono stati esattamente dei più quieti.

Per dare un'idea dell'impatto sull'agricoltura credo sia sufficiente rievocare i grossi sacchi di fertilizzante azotato che si trovano nei vivai o nelle campagne come il più comune degli ausili agricoli, accanto alla zappa e al rastrello. Questi fertilizzanti hanno reso possibile una produzione di cibo pro capite incommensurabilmente superiore a quella di qualunque altro momento della storia umana.

fertilizzante

Come spiega Pollan nel Dilemma dell'onnivoro, «Il punto di volta si può rintracciare con precisione in un giorno del 1947, quando la colossale fabbrica di munizioni a Muscle Shoals, in Alabama, e della guerra, il governo si era trovato in mano enormi scorte di nitrato di ammonio, che era il principale ingrediente degli esplosivi, ma che risultava anche essere un'ottima fonte di azoto per le piante [...] L'industria dei fertilizzanti (e dei pesticidi, che nascono come sottoprodotto dei gas tossici di uso militare) è sorta in risposta agli sforzi governativi di riconvertire la macchina bellica in tempo di pace».

Di azoto in atmosfera ce n'è in abbondanza, quindi il problema non consiste nella reperibilità della materia prima, ma nel processo di fissazione in sé: va scisso il legame dell'azoto molecolare atmosferico, quindi vanno ridotti gli atomi di azoto.

dinitrogen

L'impresa non è semplice innanzitutto per l'elevata energia del triplo legame azoto-azoto (intorno a 225 kcal/mol a fronte delle 90 kcal/mol necessarie per un legame covalente C-C). Non è un caso che in natura il processo sia molto lento e mediato da due soli protagonisti: la dirompente energia del fulmine e l'elegante catalisi enzimatica di alcuni batteri. Fissatosi al terreno, in natura l'azoto subisce innumerevoli trasformazioni mediate da batteri d'ogni genere, per passare ai vegetali ed agli animali superiori, quindi ancora al terreno ed in parte risalire in atmosfera, dove risiede il 78% del volume totale di questo elemento. L'insieme di queste dinamiche è detto ciclo dell'azoto. Nei viventi, l'azoto è fondamentale: coinvolge la biosintesi delle basi azotate degli acidi nucleici come il DNA, ma anche per la produzione di amminoacidi, i costituenti fondamentali delle proteine.

L'intuizione di Fritz Haber è stata quella di favorire la scissione del legame molecolare con l'ausilio non solo di alte temperature, ma anche di pressioni elevate (350-550°C @ 200 atm). Superato questo primo passaggio, è necessario un catalizzatore ferroso ed imponenti quantità di idrogeno per la riduzione dell'azoto ad ammoniaca. Questa è stata, molto in breve, la ricetta che ci ha permesso di piegare il ciclo dell'azoto all'esigenza ed al capriccio umani ed è stata resa possibile, anche indirettamente, dagli studi di chimici e fisici come Rutherford, Goethe, Crooke, Steiner, Nernst e molti altri che hanno preparato il terreno a chi l'ha infine brevettata.

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Bosch, dal canto suo, ha avuto il merito di rendere questo processo praticabile da un punto di vista industriale. Lavorava per BASF, i cui impianti all'improvviso si trovarono a produrre per un mercato inaccessibile: la Prima guerra mondiale aveva cambiato le carte in tavola e molte aziende per mantenere i profitti decisero di collaborare col Secondo Reich e riconvertire i propri stabilimenti; BASF fu una di queste aziende. Iniziò a produrre nitrati a partire dall'impianto di Oppau per poi avviarne altri il più rapidamente possibile nella Germania centrale.

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Torniamo ad Haber: fino al 1891 studiò ad Heidelberg, sotto la direzione di Robert Bunsen1; dopo qualche anno passato lavorando per l'azienda del padre, in una distilleria a Budapest, in una fabbrica di soda vicino Cracovia, in un impianto di cellulosa, nel 1894 si trasferì a Karlsruhe e lì iniziò ad occuparsi sul serio di elettrochimica, scrivendo un libro e pubblicando furiosamente. Sempre a Karlsruhe sviluppò il processo che porta il suo nome.

A detta di Vaclav Smil in Enriching the Earth, ben 2/5 della popolazione mondiale oggi non avrebbe modo di alimentarsi, se non fosse per l'azotofissazione artificiale. Vinse un Nobel per la chimica nel 1918 "per la sintesi dell'ammoniaca dai suoi elementi": come è possibile, allora, che all'università di Karlsruhe non vi sia neanche una targa che ne commemori l'operato? Sempre secondo Smil, durante la prima guerra mondiale Haber era al fronte per dirigere il primo attacco coi gas della storia umana: pensava che armi più letali determinassero battaglie più brevi e quindi un quantitativo di vittime complessivo inferiore. Il suo coinvolgimento diretto nella guerra gettò irrimediabilmente un'ombra sulla sua figura.

Pollan prosegue: «Il suo ritorno trionfale a Berlino ebbe una coda amara: pochi giorni dopo, sua moglie, anche lei chimica, disgustata dal ruolo del marito nella guerra si sparò con la sua pistola di ordinanza. Haber si era convertito al cristianesimo, ma a causa delle sue origini ebraiche fu costretto a lasciare la Germania negli anni Trenta; morì, senza un soldo, in un albergo di Basilea nel 1934».

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Non senza una certa ironia, dopo aver cacciato Haber dalla Germania il Terzo Reich non si fece scrupoli nell'utilizzare un'altra delle sue creature nelle camere a gas di Auschwitz e di Majdanek. Si tratta dello Zyklon-B, un gas tossico che oggi è ricordato come un simbolo dello sterminio nazista, ma che era stato ideato inizialmente come insetticida. Che ci piaccia o no, il fertile destino dell'agricoltura industriale che oggi ci nutre e sostenta a livello globale è legato a doppio filo all'industria bellica delle due guerre mondiali.

Alcuni pensano che oggi il genere umano stia semplicemente beneficiando collateralmente di una tecnica acquisita in un periodo oscuro, sottolineando il ruolo fondamentale dei fertilizzanti nella lotta alla fame in tutto il mondo nel dopoguerra. Addirittura l'apertura cinese al mercato globale nella seconda metà del Novecento potrebbe essere imputata principalmente all'esigenza di acquistare sali ammoniacali. Bisogna stare attenti, però, perché descrivere la realtà esclusivamente in questi termini significa ignorare del tutto le ombre che ancora oggi l'azotofissazione continua a proiettare intorno a sé.

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Gli impianti per la produzione di ammoniaca richiedono temperature e pressioni colossali e quindi un'enorme quantità di energia: ben il 2% della produzione energetica globale ed una simile percentuale della CO2 immessa in atmosfera derivano proprio dal processo Haber-Bosch. Un altro elemento da tenere a mente è l'imponenza dell'impianto e quindi la tendenza a centralizzare la produzione nel numero minore possibile di stabilimenti: ciò comporta una consistente spesa energetica anche per il trasporto di tonnellate e tonnellate di composti. Nella catastrofe ambientale in atto, l'azotofissazione artificiale incide sicuramente per più del 2%.

Ma cosa possiamo fare? È davvero necessario sintetizzare tutta questa ammoniaca? In fondo è proprio per porre queste domande che mi sono cimentato nella scrittura di questo articolo. Ci saranno sicuramente svariati modi per affrontare la questione: osservando il problema dal lato della produzione e cioè da un punto di vista meramente tecnico, si potrebbe pensare per lo meno a ridurre di qualche frazione di punto percentuale l'impatto della sintesi sul consumo globale attraverso un processo più efficiente e decentralizzato e/o attingendo a fonti più green, come l'energia rinnovabile o nucleare; di queste prospettive parleremo in articoli successivi. D'altra parte, tenendo conto del fatto che da qui al 2050 la popolazione umana potrebbe toccare quota 10 miliardi, è difficile convincersi che una miglioria tecnica, per quanto raffinata, possa davvero bastare a salvare i già compromessi equilbri del ciclo dell'azoto e contribuire perciò in maniera sostanziale all'ardua lotta per la sopravvivenza della nostra specie.

Fonti:

  • Smil V. (2001) Enriching the Earth, Cambridge: MIT press
  • Pollan M. (2006) Il dilemma dell'onnivoro, Adelphi
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Bunsen? Quello del famoso becco Bunsen? Sì, ma no, perché in realtà il bunsen l'ha inventato Faraday, ma questa è un'altra storia.