Si chiama Naomi Chayen, è professoressa all'Imperial College di Londra ed è da più di vent'anni che fa parte di quella stretta cerchia di para-sacerdoti che intercede tra noi umani e le proteine, cercando in tutti i modi di convincerle a cristallizzare e rivelarsi al nostro occhio profano.

Naomi Chayen

C'è chi dice che i diagrammi di fase somiglino a quelle cartografie che un tempo gli astronomi di corte sfruttavano per indurre i propri signori a combattere le battaglie decisive o per giustificarne la resa. A me non pare che si somiglino molto: innanzitutto perché non si tratta di un mucchio di balle ed in secondo luogo perché non c'è collezione di puntini che possa competere con l'eleganza di un diagramma di fase. Però mi dicono che sono io quello palloso.

Phase diagram of a protein cristall.

Certo è, e tutti concordano, che i cristalli crescono e crescono, finché non incontrano l'amore di una vita, i nostri Raggi X. Ci fu un tempo in cui l'internet avrebbe commentato il fatto scrivendo "still a better love story than Twilight", ma per fortuna si tratta di un oscuro passato.

Chayen non era una cristallografa di formazione, anzi, aveva studiato in un'università israeliana, alla facoltà di farmacia, e solo lateralmente si avvicinò alla setta che citavo all'inizio. In qualità di nuovo adepto, sviluppò un metodo per impressionare i colleghi più anziani e ci riuscì sotto l'egida di Douglas Instruments, che tuttora ne detiene i diritti sul mercato. Parliamo della cosiddetta "Microbatch under oil: si trattava di mettere su un sistema che facesse gocciolare la proteina in soluzioni con due differenti tipi di paraffina; la proteina più densa rimaneva nella fase oleosa a più bassa densità, per cui era protetta dall'evaporazione e dagli shock esterni.

Così facendo dimostrò per la prima volta che era possibile accrescere cristalli partendo da gocce sull'ordine del nanolitro. Di lei dicevano per i corridoi che fosse una pazza che mescolava olio e proteine e che in qualche modo riusciva ad ottenere il cristallo desiderato. Non è che fosse del tutto falso, per cui si fregiò dell'illustre titolo di Professor Oil. Questo metodo per la cristallizzazione è tuttora il secondo più popolare ed è citato in 1790 file del Protein Data Bank. Degno di nota è anche il fatto che molti di questi file sono relativi a proteine di membrana, notoriamente tra le più difficili da cristallizzare in assoluto.

Ovviamente la prof. Chayen non si è fermata al suo primo lavoro da postdoc: nel frattempo ha sviluppato metodi per rallentare la diffusione di vapore (facilitandone l'utilizzo), ha messo in vendita un agente ausiliario per la cristallizzazione chiamato Naomi's nucleant e, nel suo piuttosto eclettico tour de force, si è pure messa a manipolare la cristallizzazione delle proteine mediante l'uso di particolari polimeri detti MIP, di cui certamente torneremo a parlare.


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