Spiderman non ha mai capito nulla di come vanno le cose. Sul serio, era riuscito a ricreare una fedele tela di ragno che - per definizione - è più pesante, forte ed elastica della gomma, ma anziché brevettarla per produrre dispositivi medici innovativi, giubbotti antiproiettile, dispositivi vari per gli sport ecc... lui che fa? Le spara a mano sui grattacieli per andare a catturare i criminali. Che poi, non dico che non dovesse andare ad azzuffarsi coi malviventi, ma se non è effettivamente mai stato nelle condizioni di imparare da Batman, che fa parte di un altro universo, almeno che imparasse da Iron Man l'importanza dei cash nella lotta al crimine. E magari tra un Goblin qualunque e l'ultimo ritrovato tra i simbionti alieni riusciva a tirar fuori pure un cappottino nuovo per la zia May.

Spiderman Dispositivo Estrusione

E invece no, ha sempre preferito portare in giro per le fogne i propri potenziali segreti industriali, sotto forma di dispositivi all'avanguardia come quello mostrato nell'immagine. Spiderman, però, non è l'unico ad essersi impallinato con la seta. Anche i ricercatori da più di un secolo perseguono la sintesi di una seta artificiale con caratteristiche meccaniche paragonabili a quelle della seta naturale e non si può dire che la ricerca non abbia portato a nulla di utile. Due esempi al volo:

  • Rayon: figlio della viscosa, che nacque all'inizio del secolo scorso mediante un processo che consentiva, a seguito di un bagno acido, di estrudere filamenti di cellulosa in maniera tale da conferire la tipica lucentezza. La torcitura odierna consente una miriade di colorazioni.
  • Nailon: sviluppato all'alba degli anni '30 in seno alla Du Pont, è forse la seta artificiale venduta più simile chimicamente e meccanicamente alla seta naturale. Molto usata per le calze femminili, visto che non assorbe acqua.

Dopo quasi cent'anni dagli ultimi sviluppi importanti, non siamo ancora in grado di sintetizzare industrialmente una seta simile a quella naturale. Come mai?

Il motivo risiede nella particolare chimica della seta, dato che si tratta di un polimero proteico (poliammide) in cui i segmenti di amminoacidi non si ripetono regolarmente, come accade con la cellulosa del cotone (polimero saccaridico), ma variano con una certa casualità. Si sa per certo che circa l'85% è costituito da amminoacidi "leggeri" (cioè con piccola catena laterale) come glicina, alanina e serina e questo è fondamentale per la morbidezza del tessuto, ma sono proprio le irregolarità del polimero a conferire al tessuto finale lo sfavillio caratteristico. Inoltre c'è un altro problema, ossia quello della filatura, che influisce sulla resistenza del tessuto.

Parte 2§

A custodire il vero segreto della seta, ovviamente, sono i ragni, in particolar modo le vedove nere, che vantano una delle tipologie di seta più robuste. Ed è per questo che il team di Holland e Gianneschi ha estratto il fluido dalle ghiandole di vedove nere opportunamente sacrificate. Per trovare delle risposte, però, bisogna anche sapere come cercarle e cosa cercare.

Una questione che è sempre stata considerata di massima importanza è la seguente: capire come fanno i ragni a conservare queste proteine nel fluido contenuto nelle ghiandole. Da studi precedenti è noto che le proteine sono sciolte in una soluzione super-concentrata di acqua e sali che costituisce una sorta di gel. Il "super" non è messo lì a caso: non si capiva infatti come fosse possibile ottenere simili concentrazioni in così poco liquido. Quindici anni fa ci fu chi ipotizzò che potessero formare nanosfere, quindi che si riorganizzassero in complessi supramolecolari, ma non esistevano dati a sostegno di questa tesi, anche per le difficoltà pratiche che avrebbe comportato stabilirlo. A quindici anni di distanza, rispondere a questi quesiti è stato un "filo" più semplice.

Cryo-em groviglio di proteine per la seta

Il team si è avvalso dell'#NMR (Risonanza Magnetica Nucleare, del cui creatore parlammo qualche tempo fa su Telegram: t.me/zwitterio/33) per stabilire se le proteine fossero o meno impaccate in sfere dal diametro di circa 300 nm. Un'altra tecnica è stata invece fondamentale per ottenere utili immagini, ossia la cosiddetta cryo-em (microscopia crio-elettronica, di cui abbiamo discusso l'anno scorso in questo articolo: bit.ly/Cryo-em).

Le immagini hanno mostrato che le molecole della proteina si assemblano in un fiocco largo 50 nm e spesso 25 nm. I "fiocchi", a loro volta interagiscono formando una rete data da regioni fortemente impaccate e spazi vuoti che sono verosimilmente occupate dal solvente.

Ora resta da studiare innanzitutto cosa succede nell'atto dell'estrusione dato che, per esempio, è noto un aumento dell'acidità del fluido e la concomitante rimozione dell'acqua. Poi sarebbe rivoluzionario per l'industria comprendere come ricreare quelle condizioni esatte e, magari, adattarle ad opportune macchine.


Fonti:

PNAS