Grafene: come disaccoppiarne gli elettroni e renderlo paramagnetico
Dopo anni ed anni di ricerche (e calcoli... mio-dio-quanti-calcoli), iniziano ad emergere sul mercato i primi prodotti commerciali a base di grafene, ma non molto velocemente. Il ritmo di crescita di questo settore sarebbe favorito, effettivamente, se oltre alle sue già eccezionali qualità meccaniche, elettroniche e termiche, il grafene avesse pure uno strabiliante magnetismo da seduttore che potrebbe aprirgli le porte per altre applicazioni interessanti. Il grafene puro e semplice, però, non è magnetico per se stesso, quindi svariati ricercatori hanno pensato di funzionalizzarlo, così da renderlo tale.
Purtroppo finora non sono stati collezionati molti successi, ma qualche buona notizia giunge dai laboratori svizzeri e tedeschi rispettivamente dell'EMPA (Dübendorf) e dell'Università di Dresda (link al paper. La buona notizia porta il nome di IPA, che non è solo l'acronimo della tipologia di birra che mi sono bevuto ieri sera, ma è anche quello di un gruppo chimico tipicamente associato ai disastrosi effetti tossicologici (cancerogeni per l'uomo), ma che ha anche la peculiare caratteristica di avere tra i suoi membri dei composti magneticamente attivi.
Dovete sapere che 50 anni fa, il chimico Erich Clar, predisse che la struttura di legame di un ipotetico IPA "a farfalla" con ben 11 anelli fusi avrebbe presentato degli elettroni spaiati già nello stato fondamentale, conferendo così alla molecola un comportamento paramagnetico. Fasel e Feng, insieme ai rispettivi team, hanno adesso realizzato il composto e dimostrato sperimentalmente la struttura della molecola ed il naturale magnetismo a temperatura ambiente. Un IPA di questo tipo, chimicamente parlando, può essere inteso come una sorta di nanografene topologicamente frustrato e può essere perciò la base per ulteriori studi volti a modificare forzatamente la conformazione del polimero al fine di indurre il disaccoppiamento elettronico e quindi il comportamento desiderato.
Fonte: c&en
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