FUKUSHIMA: perché buttare roba in mare forse non è una cattiva idea
Quindi arriva il Ministro dell'ambiente giapponese, si avvicina al microfono e... la butta lì: "domani mattina potrebbe essere necessario sversare in mare un po' di acqua impiegata nel raffreddamento dei reattori di Fukushima". E, comprensibilmente, parte il delirio: tra i giapponesi e non. Non credo che ci sia qualcuno che possa trovare simpatica l'idea di una nazione che sversa reflui radiattivi in mare. Ma va pure detto che nemmeno risparmiare sulla manutenzione degli impianti fu, a suo tempo, una mossa molto simpatica.
Per quanto immaginare un mondo con un disastro nucleare in meno faccia piacere, ragionare di realtà ipotetiche non è utile a nessuno. Ben più utile sarebbe evitare isterismi e cercare di capire che situazione abbiamo per le mani.
Nei container è contenuto circa un milione di tonnellate di acqua contaminata, ma la contaminazione scaturisce esclusivamente dalla presenza di trizio. Non plutonio, non #uranio, non qualche strano attinide che la natura guarda come il figlio strano: il trizio è un isotopo dell'idrogeno e decade in elio con un tempo di dimezzamento di circa 12 anni (il che vuol dire che la sua radioattività non è eterna, né particolarmente duratura, poiché dopo 26 anni si neutralizza del tutto e cessa letteralmente di esistere).
Il processo di #decadimento comporta l'emissione di elettroni (particelle beta) e sono quelli a preoccupare, poiché l'esposizione a questi ultimi costituisce un pericolo per la salute, oltre un certo limite. Ma il punto è proprio questo: sotto una certa soglia, il trizio esiste in natura e nessuno se ne preoccupa perché non fa alcun danno. Diluire in maniera controllata il trizio in maniera da rimanere ampiamente sotto le soglie e lasciare che decada, risolverebbe in pochi anni il problema dello stoccaggio senza fare nessun tipo di danni. Diciamolo chiaramente: fa molti (MOLTI) più danni l'inquinamento "tradizionale" dato da una qualunque industria indiana o cinese (due nazioni a caso) che non segue i protocolli.
E se ci fosse altro, oltre al trizio? Me lo sono chiesto anche io, tant'è che ho consultato un report ufficiale in cui sono presenti i risultati delle analisi fatti dalla TEPCO e, in parallelo, da terzi non coinvolti (link nelle fonti). In poche parole, stando alla documentazione, non si trovano tracce né di cesio, né di altri radionuclidi poiché rimossi preventivamente. Va pure detto che Reuters fa notare che l'anno scorso la TEPCO aveva ammesso che in quelle stesse acque potrebbero esserci tracce di altri contaminanti, ma onestamente non so fino a che punto sia vero o che si intende per "tracce", dato che non rimandano a nessun documento che lo certifichi.
In definitiva credo che il punto sia uno: bisogna fare i dovuti controlli, prima di sversare l'acqua, ma se in quanto a contaminanti si tratta solo di trizio, possiamo anche accettare pacificamente l'alternativa meno pericolosa in assoluto, ossia la diluizione controllata. Il decadimento farà il resto e potremo lasciarci il disastro di Fukushima alle spalle, fatta eccezione per le scorie non acquose.
Cover: Rainbow Bridge, Minato, Japan - Photo by Charles Deluvio on Unsplash
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