Un nuovo enzima sintetico, costituito da DNA anziché da proteine, è in grado di capovolgere (flipping) le molecole lipidiche da un versante all'altro della membrana cellulare, dando così il via ad una cascata di reazioni che potrebbero essere sfruttate per uccidere selettivamente le cellule tumorali.

I ricercatori dell'University of Illinois e dell'University of Cambridge spiegano come questo desossiribozima (mi prendo questa licenza poetica nella traduzione, dato che si tratta di un enzima a DNA) sia il primo tra i sintetici a superare l'efficienza degli enzimi naturali e lo fa pure con un distacco di tre ordini di grandezza!

Le membrane presentano differenti set di proteine sul versante interno ed esterno della membrana, e questa differenza è fondamentale perché la cellula rimanga in vita, tant'è che spende una quantità abnorme di energia per far funzionare delle proteine (dette scrambler) che mantengono la dissimmetria. A un certo punto della sua vita, però, la cellula non è più in grado di mantenere la disposizione fisiologica, quindi le proteine si sparpagliano a caso sui due versanti. Altre proteine interpretano questa nuova condizione come disfunzionale e danno il via all'AUTODISTRUZIONE fra 5, 4, 3, insomma all'apoptosi.

Ma non è sempre così. In certe patologie la cellula continua a vivere indisturbata ed in questi casi la scramblasi sintetica potrebbe rivelarsi un utile strumento terapeutico per indurre artificialmente l'apoptosi o per garantire il passaggio di altri farmaci. Certo, bisogna prima trovare il modo di rendere selettivo il processo d'attivazione, perciò si sta pensando di rendere la struttura attivabile con uno stimolo non invasivo, come quello luminoso. Si potrebbe così disattivarla semplicemente smettendo di irradiare ad una determinata lunghezza d'onda.

Blue Waters Supercomputer

Ma come sono arrivati a sintetizzare questo DNA scrambler? Progettando la struttura in silico con il supercomputer Blue Waters, del centro nazionale di supercomputing dell'Illinois e verificandone poi il funzionamento su cellule cancerose mammarie.


Fonte:

illinois.edu