Tutto verde e "naturale", i fiori che fanno capolino in secondo piano, la scritta coi gessetti sul legno perché guai a chi usa i pennarelli che è "roba chimica"; ma che bella immagine! E sia mai che si intraveda qualche led all'orizzonte o sarebbe lecito sospettare della presenza del demonio!

Questa è l'agricoltura che vogliamo? Una bella pubblicità che ci faccia stare bene con noi stessi? O è forse il caso di analizzare nel dettaglio ed occhio critico le ripercussioni dell'agricoltura cosiddetta biologica sugli ecosistemi?

"Va ricordato inoltre che la produzione alimentare mondiale è regolata dal commercio internazionale, quindi il modo in cui alleviamo in Europa influenza la deforestazione ai tropici. Se usiamo più terra per la stessa quantità di cibo, contribuiamo indirettamente a una maggiore deforestazione in altre parti del mondo."

Dato che solitamente navigo in questo letamoso mare che è il marketing odierno, per cui tutto deve essere eco, bio, organic, green (e via discorrendo) ma quel che importa è solo l'etichetta e le emissioni anche sticazzi, posso tranquillamente affermare che questo articolo della Società Italiana di Tossicologia (SITOX) è una specie di toccasana per la mia anima. Qui bisogna mettersi in testa che il problema delle emissioni di carbonio non lo risolvi rinunciando alla tecnologia, ma investendo su di essa. Non sarà la rotazione triennale, il contadino tubercolotico o il mulo di campagna a salvarci dal surriscaldamento globale.


Link all'articolo della SITOX

Fonte: Nature