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Tipicamente conosciuta per le applicazioni nelle criptovalute come Bitcoin (o Ethereum, Monero...), la blockchain è in verità una tecnologia di più ampio respiro, dato che offre una via per condividere e conservare informazioni in sicurezza, al riparo da frodi varie ed attacchi da parte di hacker eventuali.

Proprio per questo Joris van Rossum, dell'azienda inglese Digital Science, propone di sfruttarne le caratteristiche per la gestione delle informazioni scientifiche, un po' come già si fa per le cripto. Dato che è proprio il campo della Digital Science, van Rossum già da tempo si occupa proprio della fornitura di servizi di supporto a ricercatori e riviste quindi si è fatto un'idea precisa di come un simile processo possa essere applicato. Qualcuno potrebbe giustamente chiedersi a questo punto:

Ma cos'è, esattamente, la blockchain?

Una #blockchain è un database distribuito, una sorta di gigantesco registro nel quale l'utente singolo si occupa di inserire blocchi di dati. A questi l'algoritmo applica, mediante una funzione matematica, un cosiddetto hash che è unico per quel blocco e possiede una definita lunghezza. Senza cambiare l'hash, è impossibile applicare modifiche ai dati associati a quel blocco. I blocchi, a loro volta, sono legati tra loro - figurativamente - da una "catena" (chain), e questo insieme di blocchi è condiviso nella pratica dalla rete che i vari computer, in qualità di server, generano. Poiché l'informazione appartiene alla rete e non al singolo server, in condizioni normali è pressoché impossibile manomettere i dati, incluse le informazioni su chi ha inserito originariamente il dato stesso, che sono come incise su una pietra virtuale. Nel caso delle cripto, questo vuol dire che se io pago qualcuno con un bitcoin, quello stesso bitcoin (blocco di informazioni in mio possesso) non può più essere utilizzato per pagare nessuno, poiché risulta che i dati associati a quell'hash sono già stati impegnati. Il pagamento consiste perciò nel generare, presso chi il pagamento lo riceve, un nuovo blocco di dati con un nuovo hash, i quali, a loro volta, possono essere sfruttati una volta sola ecc.

In maniera del tutto simile, spiega van Rossum, la blockchain potrebbe essere utilizzata per mettere in sicurezza i dati sperimentali e, anche, evitare che si perdano informazioni su chi ha effettuato l'esperimento stesso, in che momento e così via. Per iniziare, la Digital Science ha dato il via ad un'iniziativa per l'applicazione della blockchain nell'ambito peer review. Ma van Rossum ribadisce, in questa intervista, che è solo l'inizio. L'idea sarebbe quella di estendere la blockchain alle fasi di sperimentazione, cosicché anche i dati sui metodi coi quali vengono condotti gli esperimenti possano essere "catturati" e rivisitati per quali ragioni, ad esempio, si incontrano problemi di riproducibilità del dato.


Fonte:

c&en