Tutti conoscono le batterie agli ioni di litio, sfruttate praticamente ovunque di questi tempi, dagli smartphone alle macchine elettriche. L'applicazione oggi più sfruttata sul mercato è data dalle batterie a polimeri di litio, cioè una variante nella quale gli ioni non viaggiano da un elettrodo all'altro tramite un solvente organico, ma sono intrappolati in dei polimeri solidi.

Rispetto ad una batteria litio-ione classica, questo comporta numerosi vantaggi:

  • Si può sagomare in base alla forma desiderata
  • Non vi è il solvente infiammabile, quindi è meno pericolosa in caso di danno
  • L'efficienza è aumentata di circa il 20%

Ma tutto ciò non ci basta. E non perché la batteria dello smartphone non dura mai abbastanza (o per lo meno non solo), ma perché il litio non cresce sugli alberi (ne abbiamo relativamente poco e non si rigenera) ed è peraltro di difficile estrazione.

Clayton Valley Litio

Un'alternativa importante è data dalle cosiddette FIB, cioè le batterie a fluoruri (ioni fluoro), che in teoria avrebbero una capacità circa 8 VOLTE MAGGIORE rispetto alle attuali batterie a litio. Come anche le batterie a litio, l'idea di base è sempre la stessa: condurre corrente (in forma di carica ionica) da un elettrodo all'altro e finora si è sempre considerata l'idea di sfruttare degli elettroliti solidi con caratteristiche simili a quelli degli accumulatori a polimeri di litio. Il problema è solo uno da anni: affinché questi elettroliti conducano la quantità di corrente richiesta, è necessario che siano scaldati ad oltre 150°C ed è questo a limitare fortemente l'applicazione. La ricerca è andata avanti in questo senso ma senza molti risultati: perciò un team della Caltech ha deciso di uscire leggermente dagli schemi e ripiegare nuovamente su elettroliti liquidi (che, anche nel caso del litio, hanno i loro pregi).

Cosa serve ad una buona soluzione elettrolitica?

  • Che sia una soluzione (quindi una buona solubilità)
  • Che sia elettrolitica (quindi un'alta conduttività ionica)
  • Infine non dispiace una certa stabilità elettrochimica

Questi tre aspetti coesistono nelle soluzioni di neopentil-alchilammonio fluoruro e bis(2,2,2-trifluoroetil)etere (un solvente etereo conosciuto come BTFE).

Soluzione fluoruro sale BTFE

Le molecole di BTFE si dispongono orientando entrambi gli idrogeni alifatici (del CH2) intorno all'anione fluoruro. Questo orientamento è facilitato dalla parziale carica positiva che si viene a creare su questa porzione a causa degli adiacenti fluoro che fungono da elettron-attrattori.

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Grazie a calcoli di dinamica molecolare si è riusciti a comprendere che è proprio a causa di questa caratteristica che il BTFE ha un'energia libera di solvatazione più favorevole di altri simili come il BPFE (lo scarto è di circa 60 kcal/mol!) ed è quindi un solvente più adatto. Un solvente che ha dato risultati paragonabili al BTFE è il Diglyme. Viceversa il catione alchilammonio (ricordo che lo ione fluoruro viene introdotto in forma salificata e quindi il catione lo dovremo solvatare) viene solvatato grazie ai gruppi alogenati del solvente, che portano la parziale carica negativa.

Cos'altro serve alla nostra nuova batteria? Un catodo efficiente, inerte e che non inneschi la decomposizione del solvente. Più facile a dirsi che a farsi, ma non impossibile. I ricercatori hanno messo a punto un catodo innovativo costituito da un nucleo in rame rivestito da uno strato di trifluoruro di lantanio. Quest'ultimo consente lo scambio di ioni fluoruro, garantendo al contempo l'integrità del nucleo in rame.

Tesla Powerwall

Dobbiamo davvero parlare delle prospettive di applicazione delle batterie? Queste innovazioni hanno ripercussioni su una quantità abnorme di mercati sotto gli occhi di tutti: hi-tech, automobili, accumulo energia rinnovabile, robot, mille altre cose.


Fonte:

Science: Room-temperature cycling of metal fluoride electrodes: Liquid electrolytes for high-energy fluoride ion cells